Sabato tutti in campo per Francesco

In campo per ricordare Francesco Saponara

Saremo in tanti. Nella squadra dei politici posso annunciare in anteprima le presenze di Lorenzo Lasagna, Fabio Fecci, Giuseppe Pellacini, Carlo Alberto Cova, Francesco Arcuri, Tommaso Fiazza, Laura Cavandoli e tanti altri…

Manca poco alla terza edizione del Memorial Francesco Saponara, il giornalista scomparso improvvisamente il 19 febbraio 2011 a soli 37 anni. Sabato 29 giugno ad Alberi, a partire dalle 19 (ingresso libero), la Famija Alberese e la Parrocchia di Alberi organizzano il torneo di calcio a 7 per ricordare Saponara. Tre le squadre che si sfideranno: gli Amici di Alberi, i Giornalisti e una selezione di politici e amministratori pubblici, in carica ed ex.

Prima dell’inizio delle partite verrà ricordato anche il giornalista Pino Colombi, morto lo scorso 14 settembre, che nelle prime due edizioni del Memorial era stato uno dei trascinatori della squadra dei Giornalisti.

Durante la serata sarà attivo un servizio di cucina e al termine del torneo, spazio alla musica dal vivo con DJ Rozzes.
 

Startupper a Parma

Da www.parma.repubblica.it

Complimenti agli amici di Caffeina

http://parma.repubblica.it/cronaca/2013/06/26/news/sturtupper_a_parma_dura_ma_posto_giusto-61591240/

La nuova frontiera del lavoro, un fenomeno in crescita anche in città. I fondatori di Caffeina – tutti under 30 – ci raccontano la loro esperienza. Tra i  clienti anche il Parma Calcio. E a chi vuole provarci dicono: “Pensateci bene e non fatelo da soli”.

di RAFFAELE CASTAGNO

Startupper a Parma? "Qui è il posto giusto"
 

“Perché abbiamo scelto il nome Caffeina? Ne serve tanta per gestire una startup”. Scherza Tiziano Tassi, 28enne piacentino trapiantato a Parma. L’appuntamento è nella sede dell’impresa, ospitata all’interno degli uffici di Buongiorno che attraverso il progetto  d’incubazione d’azienda b-ventures sta aiutando a crescere la società di Tiziano e dei soci 27enni Antonio Marella ed Henry Sichel.

Un paio di anni fa hanno data vita a Caffeina, startup specializzata in social/web/mobile marketing. Oggi tra i loro clienti annoverano brand importanti, come il Parma calcio, a cui hanno realizzato il sito web. Hanno già creato una decina di posti lavoro e sono alla ricerca di nuovo personale.

Cominciamo dal nome. Perché Caffeina, curioso per un’azienda che lavora sul web…
“Volevamo qualcosa che comunicasse un significato e non quello che facevamo, che può apparire molto tecnico, freddo. Cercavamo un nome caldo, come il caffè appunto. Che esprimesse i nostri valori, a cominciare dall’italianità. Perché il nostro è un prodotto fatto in Italia”.

Da dove siete partiti, che cosa fate?

“Siamo nati occupandoci verticalmente di Facebook, ovvero non dal punto di vista utente ma utilizzandolo come piattaforma su cui costruire servizi e campagne di marketing per le aziende. Poi abbiamo allargato il giro, i clienti hanno cominciato a chiederci altro, e oggi siamo partner di imprese per il marketing digitale su web,social network e mobile”.

Avete iniziato praticamente da zero, è stato difficile?
Tiziano risponde da imprenditore navigato, nonostante i soli 28 anni. “All’inizio abbiamo lavorato sotto costo, sacrificando la redditività in modo da poter lavorare su grandi progetti che ci hanno fatto crescere. Abbiamo fatto la gavetta, anzi continuiamo a farla, perché guardiamo con il massimo rispetto concorrenti che operano da 10 anni nel settore. Una volta acquisita un po’ di visibilità, abbiamo iniziato a proporci direttamente ai clienti”.

Tra i quali c’è anche il Parma Calcio.
“Sì ed è un grande cliente. Siamo stati entusiasti di realizzare il sito per la società. Da un punto di vista tecnico credo sia il più avanzato della Serie A: ci abbiamo lavorato molto, dopo aver studiato le esperienze di squadre del Nord Europa, Stati Uniti e Sud America.

Com’è la giornata tipo in una startup?
“Direi che comincia prima del caffè. La mattina ci sono già mail da leggere, s’inizia a mille. Bisogna essere già carichi, perché entri subito in un fiume in piena in cui devi navigare da un lato all’altro, passando dallo sviluppo, all’amministrazione e alle relazioni con i clienti. e farlo più volte nella stessa giornata. E’ una realtà molto dinamica ma non credo sia esclusiva di una startup, penso sia comune a ogni impresa”.

Imprenditore a 28 anni. I tuoi soci ne hanno 27. Non fa un po’ effetto in un paese “vecchio” come l’Italia?
“E’ bello. Ottieni soddisfazione dal lavoro quando ti rendi conto che costruisci qualcosa partendo da zero. Noi non veniamo da una famiglia di imprenditori, i nostri genitori sono impiegati. All’università non te lo lo immagini di certo, io volevo fare il dipendente…”.

L’Italia potrebbe fare di più per favorire iniziative come le vostre?
“Ci sono difficoltà legate alla burocrazia e alla lentezza di certi meccanismi che non aiutano e disincentivano chi vuole fare business. Noi siamo ancora nella fase del ‘ci stiamo provandò ma ci rendiamo conto che che se si togliesse un po’ di ‘gessò si potrebbero liberare più energie. Poi credo sia importante avere una percezione diversa di chi fa impresa, è un ruolo che va riconosciuto. Se non ce la fai, hai perso tutto. Noi ci facciamo in quattro per creare lavoro. Sarebbe bello se si avesse una visione positiva e un’apertura maggiore verso chi ci prova, invece domina ancora una visione negativa, forse legata alla vecchia idea della figura dell’industriale”.

Parma vi ha aiutato o avete trovato difficoltà?
“Da piacentino devo dire che per noi Parma è stata una scelta ottimale. Potevamo finire come tanti a Roma, Milano o Torino. Abbiamo voluto fortemente venire qui e vogliamo restarci saldamente, magari aprendo altre sedi in Italia, ma mantenendo nella città il nostro quartier generale. Qui c’è un humus imprenditoriale che può aiutare a far crescere le aziende. Senza togliere nulla alle altre, questa è una città di cultura, giovane, della giusta dimensione per la vita delle persone”.

Giovani “bamboccioni”, c’è del vero o la realtà è diversa?

“Mi sono laureato nel 2010. Ho notato che già all’università alcune persone erano preoccupate per il futuro e tentavano di saltarci fuori, cercando anche lavori part time, non restando ferme. Mi sembra un aspetto che oggi è cresciuto. Quando si inizia l’università si dovrebbe avere più consapevolezza: una volta finita, sei tu contro il mondo. Il lavoro non è più come stare a scuola, si entra in una realtà dove sono tutti squali. Oggi purtroppo è vero che la situazione è molto scoraggiante, le opportunità sono poche, ma ci sono”.

Per i giovani però è dura scovare qualcuno pronto a scommettere su di loro.
“Non è facile ricevere fiducia ma non si può nemmeno pretendere di averla perché si hanno 25 anni. E’ sbagliato chiudere completamente la porta ma nemmeno aprirla solo perché si è giovani. La fiducia va guadagnata, non può essere un assegno in bianco”.

Che consiglio dareste a un ragazzo che vorrebbe avviare una startup?
“Di pensarci bene. Il sacrificio è alto e all’inizio non hai prospettive. Ci possono essere tantissime soddisfazioni, ma è rischioso. Il successo o il fallimento dipendono da te. La cosa è importante è non provarci da soli. Io l’ho fatto insieme a due soci che sono insostituibili. E’ fondamentale avere con sé altre persone, con approcci diversi. Meglio il 33% di una torta grande che il 100% di una piccola. Ci saranno alti e bassi, stati di euforia e di scoramento. Devi avere a fianco qualcuno chi ti aiuti e bilanci e la cosa è reciproca. Noi lavoriamo molto con le persone, non abbiamo macchinari, se non server, computer. Devono sentirsi parte di qualcosa, non solo un pezzo di un ingranaggio. Devono avere la libertà di scegliere, e anche di sbagliare. Sì, si può anche sbagliare, se poi si impara”.

(26 giugno 2013)

7 anni di condanna a Berlusconi

Dal Corriere

ROMA – Così abbattuto forse non è stato mai. Confortato dai figli, dalla compagna, da Ghedini, dai pochi che riescono a farsi ricevere in una giornata drammatica, Silvio Berlusconi vive come una «violenza» quasi fisica la sentenza dela Corte d’Appello che si aspettava, temeva, immaginava ma della quale mai avrebbe potuto, neppure negli incubi, intuire quanto pesante fosse.
Lo è talmente, perché è «così evidente che questo non è un processo, questi non sono giudici, questo è un plotone d’esecuzione», che il Cavaliere ieri pomeriggio e ancora a sera era turbato, indeciso, angosciato dal dubbio: andare avanti facendo come se questo fosse solo l’orribile incidente che si sapeva sarebbe accaduto, o approfittare dell’occasione per interrompere subito – come gli consigliano sempre più numerosi i suoi – una catena che «ha come fine la mia eliminazione politica, la soppressione della mia libertà, dei miei diritti politici e di cittadino» e chiamare la sua gente a soccorso, invocando il voto e una nuova legittimazione popolare?

Lo pensa da settimane l’ex premier, ma oggi davvero si è giunti al punto che tutto è possibile, e a regnare nel Pdl è l’assoluta incertezza. Su cosa succederà nelle prossime ore, su cosa il Cavaliere andrà a dire stasera a Enrico Letta sul futuro del governo. Troppo forte il colpo per non pensare, come dice Cicchitto, che «il processo di pacificazione è finito», troppo alta la condanna, si sta convincendo Berlusconi, per non credere che «nella gente verrà sentita come sproporzionata, e questo potrebbe aiutarci in chiave elettorale». Per questo ieri il Cavaliere ha messo a punto una nota assieme a Ghedini e Bonaiuti in cui esprime tutto il suo sdegno, la volontà di «andare avanti» ma non, a differenza di altre volte, l’assicurazione che il governo sarà al riparo dallo tsunami.

«Ero veramente convinto che mi assolvessero perché nei fatti non c’era davvero nessuna possibilità di condannarmi, e invece è stata emessa una sentenza incredibile, di una violenza mai vista né sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo Paese». Questa, dice Berlusconi, «non è soltanto una pagina di malagiustizia, è un’offesa a tutti quegli italiani che hanno creduto in me e hanno avuto fiducia nel mio impegno per il Paese». E infine: «Ancora una volta, intendo resistere a questa persecuzione perché sono assolutamente innocente e non voglio in nessun modo abbandonare la mia battaglia per fare dell’Italia un Paese davvero libero e giusto».

Parole che vengono rafforzate nello sdegno dei due figli maggiori di Berlusconi: «La condanna era scritta fin dall’inizio. Questo processo è stato concepito per essere celebrato sulle pagine dei giornali e nei talk show, per sfregiare l’uomo individuato come il nemico politico da demolire e non per stabilire la verità dei fatti», dice Marina. «Non pretendo che tutti conoscano mio padre dal lato umano come lo conosco io. Ma posso assicurare che questa condanna è assurda: quello di cui l’accusano, e lo dico con tanta rabbia e con le lacrime agli occhi, è quanto di più lontano e contrario dall’uomo che è», aggiunge Pier Silvio. E si capisce che la difesa congiunta e accorata dei figli, su un terreno così delicato, vuole dimostrare in pubblico la loro fiducia nella moralità del padre.

E insomma, ogni esito è possibile perché è Berlusconi ad oscillare. Dentro di sé, assicurano, la volontà è quella di rompere, ora: «Non c’è più niente da fare, non serve. La gente mi capirebbe», il senso dei suoi sfoghi. Ai quali però se ne aggiungono altri: perché rompere oggi potrebbe avere «costi altissimi», perché non è affatto detto che si andrebbe a votare, perché potrebbe nascere un governo Pd-grillini che «peggiorerebbe la situazione», perché il Paese potrebbe «non reggere il colpo…». Non è una decisione facile, e forse non basterà più limitare la strategia ad alzare il tiro sul governo, incalzarlo sulle realizzazioni (dall’Iva, all’Imu, alla disoccupazione) e lanciare la sfida finale sull’Europa, chiedendo decisioni choc come lo sforamento dal patto di stabilità. Decisioni cruciali sono attese ad horas, mentre sale sempre più alto il grido del partito: Ferrara chiama in piazza per oggi a Roma i sostenitori «di Silvio», le colombe avvertono: «Non assisteremo inerti all’eliminazione di Berlusconi».

Paola Di Caro

In Sicilia vince l’alternativa

A poche ore dall’esito del voto amministrativo in Sicilia appare un quadro dove il partito più forte si conferma quello dell’astensionismo che supera addirittura il 50% degli aventi diritto.

E nei ballottaggi vincono 5 Stelle, liste civiche e liste di protesta come a Messina dove a trionfare è la lista “No Ponte”. A Ragusa Grillo ottiene il suo secondo sindaco, anche se la vittoria è parzialmente rovinata dall’uscita dell’ennesimo parlamentare a 5 Stelle che sceglie di aderire al gruppo Misto.

Con un risultato diverso per il Pd rispetto all’ultimo voto amministrativo, nel complesso si conferma uno scenario dove l’elettorato siciliano pare ancora lontano dalla politica partitica e che tende a premiare la protesta o l’alternativa sia essa a 5 stelle, civica o contro il ponte sullo stretto.

Il futuro dell’Udc

All’indomani del risultato elettorale relativo alle ultime consultazioni politiche Pier Ferdinando Casini con molta coerenza si era preso la responsabilità del mancato successo del progetto centrista con Scelta Civica e Mario Monti. Qualcuno addiritturà defini il grosso calo dell’Udc come una “donazione di sangue”.

Quel risultato elettorale però, al di là delle considerazioni sui Cinque Stelle, sulla mancata vittoria del Pd e del grande risultato di Berlusconi, in casa centrista evidenziò che il terzo polo non era quello di Monti e Casini, bensì quello di Grillo e per il resto una polarizzazione del voto tra Pd e Pdl.

Lo stesso Casini dichiarò che in futuro la sua compagine avrebbe dovuto schierarsi.

Da allora è trascorso qualche mese e giustamente i problemi del paese e la nascita del governo sono stati anteposti a quelli dei singoli partiti.

Però la base militante  dell’Udc ha continuato a guardare avanti seppur senza bussola, tenendo ben presenti i punti cardinali che ne costituiscono l’identità. A livello locale è così nato un dibattito con più chiavi di lettura e più ipotesi per il futuro, senza però avere segnali chiari da Roma.

Fino al 20 giugno quando il segretario Cesa ha scritto a tutti gli organi dell’Udc chiedendo una mobilitazione generale “…Non si tratta di tornare indietro, ma di ripartire. Dobbiamo farlo assieme, riprendendo il cammino interrotto dopo Chianciano del settembre scorso…”

La cronaca ha riportato di un incontro ufficiale sabato scorso tra Casini e Monti e in molti ipotizzavano una sostanziale separazione tra le due esperienze. Alla fine però il comunicato congiunto ha ribadito l’intenzione di creare un nuovo soggetto politico comune.

 Forse si tratta di un modo elegante di prendere tempo oppure siamo alla svolta dove giustamente la politica deve riprendersi il primato rispetto alle tante più che rispettabili esperienze extra politiche.

Forse allora occorre guardare di più all’Europa perchè non per caso venerdì scorso Casini era a Vienna in rappresentanza dell’Italia all’incontro del Ppe (inseriamo una fotografia scattata da un nostro lettore all’aeroporto di Vienna).

Il prossimo 20 luglio l’Udc ha indetto una grande manifestazione e sembra che da lì arrivino le future rotte da seguire. La mia impressione è che i punti cardinali siano quelli dell’unione dei moderati, del valorizzare il lavoro svolto con tecnici e personalità della società civile, di inserirsi in un contesto che si richiami fortissimamente all’Europa e al Ppe, di innovare la classe dirigente con figure capaci disposte a mettersi in gioco e lontane dalle logiche di rendita di posizione.

casini vienna

 

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