La rubrica “Scriveva Taliani” affronta il tema del tempo perso dalla politica in Italia negli ultimi vent’anni nella contrapposizione Berlusconi – magistratura.
Caro Romano, l’ascoltare di continuo l’evolversi della
ormai pluridecennale contrapposizione tra Silvio Berlusconi ed una
certa parte della nostra magistratura mi porta a inoltrare anche a Lei
quella che considero essere ben più di una semplice ipotesi
contro-fattuale sulla recente storia del nostro paese. E cercherò di
illustrarglielo da italiano medio, moderato e non illuminato sulla via del
grillismo, che auspica per l’Italia tutto il bene possibile. A
differenza di numerosi miei concittadini e connazionali non ho mai
avuto in odio, nè personale nè politico, Silvio Berlusconi. L’ho
sempre considerato una sorta di “italica anomalia” che, nel
bene e nel male, rispecchia più di quanto si vorrebbe ammettere quella
sorta di humus caratteriale che contraddistingue gli abitanti del
nostro sempre troppo litigioso paese. Dovremmo però renderci
oggettivamente conto del perchè a distanza di quasi quattro lustri,
siano state in realtà certe decisioni altrui ad avergli
inconsapevolmente, ed anche suo malgrado(!),
consentito di rimanere protagonista della vita politica italiana
sia a partire da quell’ormai lontano 1994. E’ questa una
convinzione ormai “consolidata” che vorrei spiegare ripercorrendo
quanto accadde, ma soprattutto non accadde, proprio alla caduta del
primo governo Berlusconi. Dopo il cosiddetto “ribaltone”
della Lega, anzichè tornare alle urne, l’allora presidente della
Repubblica decise di “non starci” e con non poca supponenza
intraprese la strada dell’incarico “tecnico”.
Concependo, utilizzando una sorta di politichese “fecondazione
assistita”, la nascita del secondo governo della XII legislatura
italiana. E fu “quella” una scelta sbagliata.
Costituzionalmente nulla da eccepire, visto che i numeri per tale
alchimia in parlamento c’erano, ma fu una decisione che
condizione, e condiziona tutt’ora, il destino del nostro Paese. Al
pari (… e mi si contestualizzi acriticamente l’evento storico senza
volerne fare paragone con l’oggi!) della decisione dell’allora
re di non fermare la marcia su Roma dell’ottobre del 1922,
nonostante ci fossero ben più soldati fedeli alla monarchia a presidiare
la capitale di “marciatori” fascisti. Il non rimandare, infatti, gli
italiani a votare mutò il loro futuro politico.
“Spegnendo” molte di quelle illusioni di cambiamento che,
dopo la caduta del Muro e la crisi del corrotto sistema proporzionale
basato sulle preferenze, solo con I’entusiasmo dettato da eventi
così “epocali” il Paese si attendeva. Ed era un cambiamento
che elettoralmente si chiamava maggioritario. O meglio ancora, come
l’inascoltato “cassandro” Mario Segni auspicava,
bipartitismo. Sull’onda emotiva del voltafaccia subito, se allora
si fosse rivotato, Silvio Berlusconi avrebbe di certo vinto nuovamente
(n. b.: nonostante I’avviso di garanzia del G7 di Napoli era
ancora a venire il “fumus persecutionis” degli oggi appunto
ancora incombenti “magistrati di merenda”, come qualcuno li
chiama, sul collo del premier!). Con un margine tale da consentirgli di modificare radicalmente la legge elettorale proprio in quel senso
bipartitico che I’opinione pubblica, ed anche buona parte dello
schieramento politico di ogni colore, allora chiedeva. E come lo
stesso Berlusconi continua a farsene bandiera ancora oggi! Di questo,
ne sarebbe poi stata di certo beneficiata anche l’opposizione. Perchè,
magari nell’elezione successiva, un Prodi vincente avrebbe potuto
governare con numeri ben diversi. Avendo quindi la possibilità di far
approvare quella tanto colpevolmente rimandata legge sul conflitto
d’interessi che i governi di sinistra non sono mai riusciti a
realizzare non avendo i numeri, e forse neanche la voglia, in
parlamento. Se così fosse stato, oggi di sicuro avremmo quindi un
sistema elettorale diverso da questo tanto criticato bipolarismo che
mantiene i certi difetti dell’essere in realtà un
“proporzionale ristretto”. Con un vero e serio bipartitismo
la Lega sarebbe rimasta, quindi, solo un marginale fenomeno di
localismo padano e dei movimenti di comici a “due cifre” non ne
sentiremmo molto parlare. Con, magari, già da tempo un tanto auspicato
presidente del consiglio veramente moderato. Mentre dello stesso
Berlusconi e della sua vita privata (e lo affermo mosso da umano e
sincero auspicio nei confronti dell’oggettivamente troppo assediato
“povero Silvio!”) non ne faremmo di certo più un così gran e
continuo parlare! Avendo quindi reso finalmente l’Italia un paese
forse più “normale” di quanto lo sia oggi e più capace nel
trovare soluzioni condivise nell’affrontare la crisi che stiamo
vivendo. Ma, come sappiamo, così non è stato ed è un inutile e per
certi versi autolesionistico . Inutile perchè non sono i numeri di questo neo-eletto parlamento a poter cambiare veramente le cose nel nostro Paese. Autolesionistico perchè se i giudici italiani volevano condannare Silvio Berlusconi sarebbe quindi bastato che l’avessero lasciato governare.
Togliendosi poi tranquillamente dopo tutte le “soddisfazioni
giudiziarie” che continuano invece ad avere. Ed oggi, forse, non
ci troveremmo a constatare il come il nostro paese abbia, in concreto,
perso per la seconda volta vent’anni in meno di un secolo!
Scusandomi per “la lungaggine” la saluto cordialmente.
Mario Taliani
Inviato al Corriere della Sera il 03/03/2013