I Turchi in Germania: integrare o assimilare

Terza parte della trilogia sull’immigrazione della rubrica “Scriveva Taliani”. Oggi si discute di immigrazione verso la Germania.

Non credo che le affermazioni pubbliche del Primo ministro della Turchia in Germania siano state delle più felici. Forse suggestionato dalle migliaia di suoi conterranei riuniti in uno stadio, Erdogan li ha invitati a integrarsi senza però farsi assimilare.
Assimilazione che ha dichiaratamente giudicato «un crimine verso gli stranieri». Con questa esternazione, Erdogan ha però dato un contributo chiarificatore a un equivoco. 
E’ luogo comune infatti equiparare l’odierna immigrazione verso i Paesi europei a quella dei nostri nonni o bisnonni verso le Americhe. Prendendo a confronto questi due movimenti migratori dimentichiamo di contestualizzarne, non dico i bisogni, ma quelli che potremmo definire i «supporti tecnologici». Allora chi oltrepassava gli oceani o le Alpi, aveva difficoltà  a intrattenere contatti continui con il proprio Paese d’origine. E nel tempo, pur mantenendo le loro tradizioni, diventavano necessariamente americani. Oggi chi arriva in Italia, e in Germania o in Europa, può tenere saldi contatti con la propria terra di origine. E’ questo, secondo me, il rischio che spaventa molti dei miei connazionali. Avere cioè vicino qualcuno che appartiene a un gruppo sociale e culturale che rimane autosufficiente e che quindi non abbia alcuna intenzione di subire la «criminale» assimilazione, anzi!

Mario Taliani

Inviato il 5 Febbraio 2008

Pubblicato sul Corriere della Sera il 21 Febbraio 2008

http://www.corriere.it/romano/08-02-21/01.spm

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