Continua la rubrica “Scriveva Taliani” che oggi tratta della sempre attuale questione delle pensioni.
Dopo aver letto sul Corriere l’ennesimo articolo sui privilegi pensionistici nei palazzi del potere, da cittadino medio, invio una mia considerazione. Sarà forse banale e scontata, ma riguarda quella sorta di «domino di distinguo» che negli ultimi decenni è divenuto il sistema Italia: un domino in cui ciascuno di noi cittadini, più o meno consapevolmente ma corresponsabilmente, è divenuto singola tessera, soprattutto in quel ginepraio, ma sarebbe meglio definirlo «groviera» a furia di buchi e finestre apertesi, che è ormai la previdenza pubblica. Proprio su questo argomento le statistiche continuano a evidenziare come quasi la metà delle pensioni non raggiungano i 1.000 Euro al mese. Il che dovrebbe porre, ma avrebbe dovuto porre anche in passato, chi di dovere nelle condizioni di dare una risposta alla questione del sostentamento dei nostri anziani presenti e futuri. Lungi dal comprendere quanto fosse importante una riforma, la classe politica l’ ha sempre rimandata. E questo nonostante che, come ha affermato l’ Ocse, «…il sistema in Italia abbia, forse, raggiunto la sostenibilità finanziaria ma non, di certo, la sostenibilità sociale.» Con le pensioni di «giovinezza» e le rendite di anzianità svincolate da un’ età minima, il sistema è condizionato da soluzioni passate che solo politiche palesemente clientelari potevano partorire. E’ triste constatare come solo ora ci si incominci a chiedere del perchè dell’ intangibilità dei «di ritti acquisiti». Utopicamente sarebbe da domandarci del perchè non sia possibile adottare una previdenza che eroghi a ciascun anziano il medesimo trattamento. Sarebbe infatti ormai necessario adottare la dottrina del «un anziano, una pensione», abolendo le pensioni di anzianità , rivedendo al ribasso la stortura dei diritti acquisiti (… chi ne beneficia avrà di certo una «scorta» economica adeguata!), lasciando solo un trattamento di vecchiaia di importo uguale per tutti. E questo indipendentemente, per esempio, dall’ avere fatto il banchiere, il bancario o il commesso di banca per cercare di dare maggiore dignità economica ai nostri anziani, che le misere pensioni sociali oggi non consentono. Se uno Stato educa il proprio cittadino da giovane, perchè non lo dovrebbe assistere da anziano indipendentemente dal ciò che egli ha combinato nel passato? Come il prelievo fiscale viene redistribuito dallo Stato sul territorio per le opere infrastrutturali a far crescere il Paese, così la «ratio» dell’ analogo prelievo previdenziale dovrebbe quello di essere ripartito equamente sui pensionati, rapportandoli alle capacità reddituali dei soggetti. Considerato che gli italiani rimarranno più o meno una «quantità finita», allo stesso modo dovrebbe essere quantificabile, anno per anno, il numero delle pensioni da erogare, adottando i prelievi di conseguenza necessari. Comprendo quanto utopistica, illusoria e irrealizzabile possa essere per la mentalità corrente una proposta del genere, ma forse si riuscirebbe a dare maggiore equità a chi anziano lo è oggi e una tranquillitàà in più a chi spera di diventarlo un domani. A meno che, perchè è questa la prospettiva, non ci si voglia abituare all’ idea di vedere anziani sempre più immiseriti rovistare nei cassonetti. Anche questa la si potrebbe considerare una scelta, ma ne dobbiamo e ne dovremo essere tutti coscienti! Ricordandoci però che in ogni modo, e termino con quello che definirei un auspicio, sarebbe comunque il caso di cercare di evitare che oltre ai già fin troppo diffusi Alzheimer e Parkinson ai nostri anziani, e a noi, sia riservato un futuro anche da Umberto D.!
Mario Taliani, Noceto (Pr)
Pubblicato sul Corriere della Sera il 12 dicembre 2011 su Interventi & Repliche
http://archiviostorico.corriere.it/2011/dicembre/12/Interventi_Repliche_co_9_111212011.shtml
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